Lo studio del microbiota intestinale, vale a dire l’insieme di microorganismi che popolano il nostro intestino, può migliorare l’efficacia dei trattamenti di immunoterapia anticancro. Lo conferma la più ampia ricerca internazionale mai realizzata sull’interazione microbiota-immunoterapia, finanziata dalla Seerave Foundation, coordinata dal Gruppo di Ricerca di Metagenomica Computazionale del Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata Cibio dell’Università di Trento e dell’Istituto Europeo di Oncologia, guidato dal Prof. Nicola Segata, in collaborazione con altri gruppi di ricerca nei Paesi Bassi e Regno Unito. I risultati del lavoro sono pubblicati oggi su Nature Medicine.
«Studi preliminari su un numero molto limitato di pazienti hanno suggerito che il microbiota intestinale, per la sua funzione di regista del sistema immunitario, gioca un ruolo nella risposta di ogni paziente all’immunoterapia contro il cancro e in particolare contro il melanoma. L’obiettivo del nostro studio era cercare una conferma di questo ruolo, che può avere un grosso impatto per l’oncologia e per la medicina in generale» dichiara Karla Lee, ricercatrice del King’s College London e prima firma del lavoro.
«Il microbiota è modulabile e ci sono strategie per poterlo modificare, che vanno da un’alimentazione specifica fino ai probiotici di nuova generazione e al trapianto fecale, modificando di conseguenza anche la sua azione sul sistema immunitario. Capendo dunque quali sono le caratteristiche del microbiota che rendono un paziente “responder” alla cura, si potrebbe agire sulla modifica del microbiota del paziente prima di iniziare la terapia» osserva Andrew Maltez Thomas, ricercatore al Dipartimento Cibio dell’Università di Trento e prima firma assieme a Lee.
«Va ricordato che l’immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento del melanoma avanzato: più del 50% dei pazienti che la riceve aumenta la sua sopravvivenza di almeno un anno. Purtroppo però questa risposta positiva al trattamento si verifica in meno del 50% dei pazienti. Da qui l’importanza di trovare strategie per aumentare il numero dei responder e l’azione sul microbiota è una delle vie più promettenti» conclude Lee.
«Nel nostro studio abbiamo messo insieme la più grande coorte di pazienti con melanoma e campioni del loro microbiota intestinale, coinvolgendo cinque centri clinici (tre nel Regno Unito, uno nei Paesi Bassi e uno in Spagna) – spiegano i coautori Tim Spector e Rinse Weersma, rispettivamente del King’ College London e dell’Università di Groningen in Olanda e co-coordinatori dello studio -. Combinando i 165 campioni raccolti con i 147 campioni provenienti da altri studi già disponibili abbiamo svolto uno studio metagenomico (cioè basato sul sequenziamento del microbiota intestinale) su larga scala e scoperto che in effetti c’è un collegamento tra composizione e funzione del microbiota intestinale e la risposta all’immunoterapia. Va specificato però che questo collegamento è diverso e più complesso di quanto avevamo ipotizzato perché coinvolge specie batteriche diverse in coorti di pazienti diverse. In particolare tre tipi di batteri (Bifidobacterium pseudocatenulatum, Roseburia spp. e Akkermansia muciniphila) sembrano essere maggiormente associati a una migliore risposta immunitaria».
«In sintesi – conclude Segata – lo studio mostra che in effetti studiare il microbiota è importante per poter migliorare e personalizzare i trattamenti immunoterapici per il melanoma, ma allo stesso tempo suggerisce che, considerando anche la variabilità da persona a persona del microbiota intestinale, sono necessari studi ancora più ampi per capire quali siano le caratteristiche principali che conferiscono al microbiota una maggiore probabilità di attivare una risposta positiva all’immunoterapia. Ci sono studi già pubblicati che dimostrano che la dieta, ad esempio attraverso l’assunzione di molte fibre, gioca un ruolo importante in questo senso e altri sono in corso per definire con precisione il legame alimentazione-microbiota-risposta immunitaria. Dobbiamo in sostanza identificare quali specifiche caratteristiche del microbiota sono direttamente legate ai benefici clinici dell’immunoterapia per poter poi sfruttare queste caratteristiche in nuove terapie personalizzate di supporto all’immunoterapia. Studi simili dovranno essere fatti anche per altri tumori, come già sta avvenendo allo IEO e in consorzi europei quali Oncobiome, e dovranno anche guardare ad altre informazioni genomiche, come sta facendo la Seerave Foundation tramite altri progetti finanziati. Il mondo della ricerca è pronto: abbiamo sviluppato tecnologie e metodologie ad hoc per poter analizzare con più precisione la composizione del microbiota e siamo convinti che da questi studi emergeranno nuovi strumenti per il controllo dei tumori, anche quelli in fase avanzata».