
L’andamento della pandemia in India continua a essere un puzzle che stupisce e incuriosisce gli scienziati. Il numero di casi di Coronavirus è crollato, come quello dei morti, senza bisogno di una vaccinazione di massa, ciò ha un po’ rilassato e da qualche giorno c’è un piccolo gradino verso l’alto. Dunque, il governo ha deciso di fare di più e meglio: ha deciso di intensificare la campagna di immunizzazione, dal momento che il Paese è il maggior produttore di vaccini al mondo e le dosi non mancano.
I numeri
I numeri. I nuovi casi avevano toccato un picco di oltre 97 mila al giorno in settembre e da allora sono crollati a meno di diecimila nei primi giorni di febbraio; ora sono un po’ risaliti, a 13 mila il 23 febbraio e a 17 mila il 24 (come riporta worldometers.info). I morti da Coronavirus erano stati 1.283 il 15 settembre, sono scesi sotto i cento al giorno dal 13 febbraio e balzati a 144 il 24. Com’è possibile una riduzione del genere, in particolare se si tiene conto che solo lo 0,8% del miliardo e quasi 400 milioni di abitanti ha ricevuto la prima dose di vaccino? È vero che, da inizio anno, globalmente si registra un dimezzamento dei nuovi casi, da cinque milioni la settimana a due e mezzo. Ma il crollo registrato in India è particolare.
Le spiegazioni
Le spiegazioni che danno gli esperti sono diverse. La più probabile sta nel fatto che il numero complessivo delle persone infettate dall’inizio della pandemia è molto superiore agli 11 milioni di casi ufficiali, probabilmente tra i 300 e i 400 milioni, stimano alcuni centri di ricerca. Ciò può voler dire che nelle città maggiori e più densamente popolate il virus ha corso velocemente fino a fare raggiungere una certa immunità di massa (di gregge). Più del 50% degli abitanti di Delhi sarebbero già stati contagiati, secondo un sondaggio effettuato sulla base di test sierologici, e quindi in qualche modo immunizzati. La quota di Mumbay (Bombay) sarebbe vicina al 60%, quella di Pune sopra l’80%. A Kolkata (Calcutta) si era già a oltre il 25% lo scorso settembre.
Pubblico e privato
Ciò non significa affatto che l’India abbia raggiunto l’immunità di gregge: indica certamente che questa immunità si può raggiungere e quando e dove questo accade l’espansione del virus crolla. Ma i rischi che nel Paese ci sia una ripresa se ci si rilassa rimane alto, anche perché gran parte degli indiani vive nei villaggi, dove, è vero, il virus corre meno che nei centri urbani ma dove l’immunità di massa è ben lontana dall’essere raggiunta. Il leggero rialzo di contagi e di morti degli ultimi giorni è un segnale d’allarme. Il governo di Narendra Modi, che finora non è riuscito a fare decollare la campagna di vaccinazione, mercoledì scorso ha quindi deciso di permettere che le dosi siano somministrate anche negli ospedali privati, che in India curano tre quarti delle persone e sono più efficienti. Significa che ora ai diecimila centri di vaccinazione pubblici si aggiungeranno ventimila ospedali privati: in questi ultimi, la dose di vaccino sarà gratuita ma la prestazione andrà pagata (quanto costerà sta per essere deciso dal governo di Delhi). A differenza che in Europa, in India i vaccini non mancano. La Serum Institute – l’azienda che produce più vaccini al mondo – realizza su licenza quelli di Oxford-AstraZeneca, ne ha in magazzino decine di milioni e ne può produrre 50 milioni al mese. Altri gruppi industriali stanno discutendo contratti di produzione con case farmaceutiche e Bharat Biotech sta concludendo i test su un suo vaccino, Covaxin. Delhi ha anche spedito 34 milioni di dosi a una trentina di Paesi, ai più poveri gratuitamente, ad altri su basi commerciali.
FONTE DANILO TAINO CORRIERE.IT
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