Il gender gap nella cura delle malattie del cuore è al centro del Forum Monzino “Ricerca Clinica e malattie cardiovascolari nella donna” (19 aprile): il dosaggio di tutti farmaci per il cuore è calcolato per un giovane maschio di 70 kg di peso, ignorando le specificità delle donne, che negli studi clinici farmacologici sono rappresentate per meno del 40%.
“È urgente rivoluzionare quello che la cardiologa americana Nanette Wenger ha definito “approccio a bikini alla salute della donna“, concentrato sul seno e il sistema riproduttivo. La medicina di genere non è una medicina in rosa, ma un approccio trasversale che deve tener conto delle differenze biologiche (definite dal sesso), socio-economiche (definite dal genere) e dalla specificità di ogni persona. In ambito cardiovascolare l’assenza di una medicina di genere ha creato gravi problemi, a partire dalle cure farmacologiche. Esaminando oltre 20.000 studi clinici effettuati fra il 1993 e il 1997, abbiamo rilevato una clamorosa scarsità di partecipanti femminili e dunque di dati sulle donne. La situazione non è cambiata negli anni: negli studi fra il 2010 e 2017 le donne non erano rappresentate per più del 39%.
Questo significa nella pratica che le donne sono spesso sotto-curate perché i farmaci comunemente utilizzati per le maggiori malattie cardiovascolari, a partire dall’infarto, essendo somministrati in dosaggi efficaci nell’uomo, possono causare nella donna effetti collaterali importanti e conseguente scarsa aderenza alla terapia.
Anche i meccanismi di assorbimento dei farmaci nella donna possono essere diversi dall’uomo; ad esempio, l’aspirina è eliminata più rapidamente dal corpo femminile perché ha un’emivita più breve, mentre il paracetamolo è eliminato più lentamente. Per questo, seguendo la posologia standard, le donne, facendo spesso un uso maggiore di antinfiammatori per emicrania o dolori mestruali, più facilmente vanno incontro a overdose da antinfiammatori. Infatti il 71% dei pazienti che accedono al Pronto Soccorso per abuso di farmaci sono donne” spiega la Dr.ssa Daniela Trabattoni Responsabile, UO Cardiologia Interventistica Coronarica e Difetti Cardiaci e Responsabile, Monzino Women Heart Center.
“E’ evidente la necessità’ di promuovere sempre più’ studi clinici no profit volti a valutare l’effettivo profilo beneficio/rischio di molti farmaci attualmente comunemente utilizzati nel sesso femminile.” sottolinea il Dr Scatigna, Direttore della Clinical Trial Unit del Monzino.
“Le donne non sono comunque destinate a rimanere le cenerentole della cardiologia. Abbiamo gli strumenti per arrivare a una cura sartoriale delle malattie del cuore femminile. Si tratta di sensibilizzare e diffondere le conoscenze e gli approcci e il Monzino ha avuto un ruolo di apripista in questa direzione, con l’apertura, già nel 2016, del Monzino Women Heart Center, la prima struttura clinica e di ricerca dedicata alla cardiologia femminile. L’ orizzonte si sta aprendo anche a livello delle carriere delle donne cardiologhe, un fattore essenziale per lo sviluppo della cardiologia di genere. Oggi su 20564 cardiologi, 14505 sono uomini e 6054 donne, con solo 3 donne contro 54 uomini in posizioni apicali. Ma nelle nuove generazioni di medici la situazione è cambiata: nella fascia 30-45 anni le donne sono 2416, mentre gli uomini 1926” conclude la Dr.ssa Trabattoni.