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Italia

Obbligo vaccinale per operatori sanitari e medici, nel nuovo decreto: così scatta il trasferimento o la sospensione dallo stipendio

Vaccino obbligatorio per determinate categorie: chi non accetta verrà trasferito in un altro ufficio. Può scattare anche la sospensione dello stipendio

Medici, infermieri, farmacisti: sono le categorie di lavoratori del settore sanitario che saranno obbligate a vaccinarsi. Lo prevede il decreto approvato dal consiglio dei ministri in vigore dal 7 aprile che fissa come data di scadenza per l’inoculazione il 31 dicembre 2021.

Chi non accetta sarà trasferito negli uffici perché non potrà stare a contatto con altre persone. Nei casi più gravi si rischia anche la sospensione dallo stipendio.

Ecco le procedure e le sanzioni previste nel provvedimento.

L’obiettivo

«Al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2».

Nel decreto è specificato che «la vaccinazione costituisce requisito essenziale all’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati».

La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano.

Gli elenchi in cinque giorni

La vaccinazione «non è obbligatoria può essere omessa o differita solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestato dal medico di medicina generale».

Entro «cinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ciascun Ordine professionale territoriale competente trasmette l’elenco degli iscritti, con l’indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma in cui ha sede. Entro il medesimo termine i datori di lavoro degli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie, socio-assistenziali, pubbliche o private, farmacie, parafarmacie e studi professionali trasmettono l’elenco dei propri dipendenti con tale qualifica, con l’indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma nel cui territorio operano».

La chiamata in dieci giorni

Entro «dieci giorni dalla data di ricezione degli elenchi, le regioni e le province autonome, per il tramite dei servizi informativi vaccinali, verificano lo stato vaccinale di ciascuno dei soggetti rientranti negli elenchi».

Quando dai sistemi informativi vaccinali a disposizione della regione e della provincia autonoma «non risulta l’effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle modalità stabilite nell’ambito della campagna vaccinale in atto, la regione o la provincia autonoma, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, segnala immediatamente all’azienda sanitaria locale di residenza i nominativi dei soggetti che non risultano vaccinati».

La risposta in 5 giorni

Ricevuta la segnalazione, «l’azienda sanitaria locale di residenza invita l’interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione, l’omissione o il differimento della stessa, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione o l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale».

In caso di mancata presentazione della documentazione di cui al periodo precedente, «l’azienda sanitaria locale, successivamente alla scadenza del predetto termine di cinque giorni, senza ritardo, invita formalmente l’interessato a sottoporsi alla somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, indicando le modalità e i termini entro i quali adempiere all’obbligo».

In caso di «presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, l’azienda sanitaria locale invita l’interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale».

Decorsi i termini, «l’azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e ne dà immediata comunicazione all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza».

La sospensione

L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale «determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. 7. L’Ordine professionale di appartenenza comunica immediatamente la sospensione di cui al comma».

Ricevuta la comunicazione « il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio».

Mancata retribuzione

Quando l’assegnazione a diverse mansioni non è possibile «per il periodo di sospensione non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato».

La sospensione «mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021».

Fonte
corriere.it
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