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Cultura

Draghi è cruciale anche per l’Ue (che perderà Merkel)

Ha accettato un rischio grande e non necessario al suo “cursus honorum”, dimostrando molto coraggio. Tocca a lui rimettere l’Italia sia su un sentiero di sviluppo socio-economico durevole e guidare l'Europa nel processo di riforma

Il presidente Mattarella, con il discorso rivolto martedì agli italiani, ha scritto una pagina di storia non solo istituzionale e politica, ma anche costituzionale della Repubblica. Egli ha infatti dimostrato che di fronte alle “emergenze presenti: sanitaria, sociale, economica, finanziaria”, la scelta tra andare a “immediate elezioni anticipate” o “dare immediatamente vita a un Governo, adeguato a fronteggiare” la gravità della situazione, quest’ultima fosse la scelta obbligata.

Sergio Mattarella: capo dello Stato e dell’Unità Nazionale.

In momenti cruciali nella storia italiana postbellica, e questo lo è, l’articolo della Costituzione che a mio avviso scandisce le scelte apicali è l’87, secondo il quale “Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale”. Perché l’Unità Nazionale si può compromettere di fronte a una crisi che distrugge la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni democratiche laddove le stesse si rivelino incapaci di affrontare un’emergenza socio-sanitaria e socio-economica. Il presidente Mattarella ha fatto la scelta necessaria, dando il mandato a Mario Draghi “per formare un Governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili che ho ricordato”. Adesso tocca a Draghi e alla consapevolezza da parte di tutte le espressioni politico-parlamentari, la ricerca di una soluzione che rimetta l’Italia sia su un sentiero di sviluppo socio-economico durevole sia nella sua vocazione di Nazione co-federatrice dell’Europa Unita. Al proposito riflettiamo su alcuni aspetti di queste aspirazioni che sono anche doveri di civiltà di un Paese che con la Repubblica e la Ricostruzione ha più volte dimostrato di saper superare crisi gravissime.

 

Mario Draghi: un liberal solidarista istituzionale.

Tanti hanno scritto di Draghi, qualificandolo nei più vari modi. Anch’io mi permetto perciò di fare alcune valutazioni od osservazioni.

La prima è sulla sua cifra etico-politica valoriale tipica del solidarismo liberale, o del liberalismo sociale, o liberal-socialismo, che ha caratterizzato la migliore storia repubblicana italiana. Ne ho scritto già su queste colonne. La sua formazione e i suoi maestri (Caffè, Modigliani, Ciampi, che andando alle origini avevano a loro volta anche impronte einaudiane) erano, sia pure con varie sfaccettature, parte di questa grande corrente di pensiero democratica e riformatrice.

La seconda riguarda la sua esperienza professionale, che l’ha visto in una molteplicità di ruoli in Italia e nel contesto internazionale, dove ha dimostrato una straordinaria competenza tecnica unita ad altrettanta sensibilità politica e determinazione per scelte operative. Su queste colonne ho ricordato che in Italia è stato direttore generale del Tesoro (dove lo volle Carli), dal 1991 al 2001 dando un supporto “tecnico” a presidenti del Consiglio con cifra prevalentemente istituzionale (Amato, Dini, Ciampi e Prodi) per salvare l’Italia da una (altra) crisi e portarla nell’Eurozona.

La terza, più recente, è la sua dimostrazione che di fronte a situazioni di emergenza chi ha responsabilità apicali deve saper rischiare. Con la Presidenza della Bce, Draghi ha trasformato una Banca di emissione in Banca centrale capace di una politica monetaria vera che nella specifica situazione del decennio passato ha salvato l’Eurozona e l’Euro. Le forze politiche istituzionali e anche finanziarie opposte a questa sua scelta erano potenti.

La quarta è la sua consapevolezza che la politica economica dei singoli Paesi, dell’Eurozona e della Ue, non possono ritenersi esentate dalla responsabilità di politiche di bilancio sane e per lo sviluppo socio-economico di lungo periodo, che la politica monetaria non può e non deve supplire. Draghi lo disse chiaramente nel suo congedo come presidente della Bce il 28 ottobre 2019 in presenza di Mattarella, Macron, Merkel, von der Leyen.

 

Italia e Europa: 10 anni cruciali.

Adesso la pandemia ha cambiato del tutto lo scenario del terzo decennio per la Ue e l’Eurozona, esponendo l’Italia a sfide ancora più forti di quelle che comunque avrebbe dovuto affrontare per recuperare i ritardi e i dualismi accumulati e accentuatisi nella crisi finanziaria del decennio passato.

Tre aspetti del decennio entrante sono cruciali.

Il primo è il varo del “Next generation Eu” (NGEU), con il quale la Ue innova profondamente sia sulle modalità di finanziamento (Eurobond) delle riforme strutturali dei singoli Paesi Ue, sia sui paradigmi di sviluppo (Green economy, rivoluzione digitale, prevenzione delle pandemie), puntando su una integrazione che passa per gli investimenti e non solo sulla convergenza con il mercato interno e con le regole di bilancio. La chiave di volta è quella degli investimenti, dell’innovazione e delle riforme.

Il secondo aspetto riguarda l’Italia. Come principale beneficiario del NGEU, in quanto destinatario del 27% del totale delle risorse finanziarie mobilitate, il nostro Paese farà la differenza tra il successo e l’insuccesso per tutta la Ue. A oggi, il nostro Piano di Nazionale di Ripresa e Resilienza è in ritardo, perché la scadenza di fine aprile apre la fase di concertazione obbligatoria con la Commissione che con altri Paesi (in particolare Spagna, il secondo beneficiario del NGEU) hanno già in fase molto più avanzata. Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, con il garbo istituzionale che gli è proprio, ha fatto capire che il cronogramma nei fatti sta accelerando per la spinta degli altri Paesi.

Il terzo aspetto riguarda l’assetto istituzionale della Ue e dell’Eurozona che dovrà di conseguenza essere adattato al nuovo modello di sviluppo e quindi le regole (o i Trattati) andranno modificate e non solo sospese (Patto di stabilità). Forse i meccanismi di voto all’unanimità andranno rivisti, ma per svolgere un ruolo in tutto ciò l’Italia europeista dovrà essere credibile.

Una conclusione: coraggio e fiducia

A settembre Angela Merkel cesserà di essere cancelliera della Repubblica Federale di Germania e, di fatto, di essere la leader storica della Ue e dell’Eurozona dei 15 anni passati. Se Draghi avrà successo nel varare il Governo, il suo ruolo non riguarderà solo l’Italia (che quest’anno avrà anche la Presidenza del G20!), ma anche la Ue e l’Eurozona, alla cui attività istituzionale egli ha già partecipato, e non come spettatore, per 8 anni. Per ora Draghi ha accettato un rischio grande e certo non necessario al suo “cursus honorum”, dimostrando molto coraggio sostenuto dalla fiducia nell’Italia e nell’Europa.

Pool via Getty Images
Fonte
HUFFINGTONPOST.COM
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