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Italia

La lezione di ieri e i rischi di oggi: cosa fare per evitare il contagio e il lockdown a Natale

Un anno fa l’Italia era ingabbiata nelle zone rosse, arancioni e gialle e nel coprifuoco. Oggi grazie ai vaccini e al Green pass la situazione è cambiata. Ma il pericolo di una ripresa dell’epidemia è ancora sul tavolo. Abbiamo chiesto a scienziati ed esperti come possiamo provare a tutelarci

Un lockdown è per sempre? Esattamente un anno fa l’Italia si trovava colpita in pieno dalla seconda ondata dell’epidemia di Coronavirus e debuttavano le zone rosse, arancioni e gialle. E anche oggi, 365 giorni dopo, si parla di piani del governo per evitare le chiusure a Natale. Qualcosa, però, anzi molto, è cambiato rispetto al novembre 2020: i vaccini hanno consentito finora al governo Draghi di puntare sulle riaperture invece che sulle chiusure. Ma il pericolo di una quarta ondata è dietro l’angolo e la crescita dei contagi in Italia e in Europa sembra averla annunciata. E allora cosa bisogna fare per imparare la lezione dell’anno scorso ed evitare il lockdown di Natale?

Coronavirus, un anno dopo

Un passo indietro. All’inizio di novembre 2020 il governo Conte firmava il Dpcm che decideva il ritorno del coprifuoco con limitazione alle ore 22, il ritorno dell’autocertificazione, la didattica a distanza per le scuole e la possibilità di “stabilire ulteriori misure di contenimento del contagio” nelle aree dove la pandemia era più forte. Ma soprattutto, arrivavano le zone gialle, arancioni e rosse che avrebbero caratterizzato il lockdown all’italiana fino alla metà del 2021. A dicembre un nuovo decreto e un altro Dpcm avrebbero portato restrizioni ancora più dure per le festività di Natale e Capodanno e tra i comuni nei giorni festivi e prefestivi. «L’anno scorso si è fatto il possibile rispetto a una situazione che ancora non prevedeva la vaccinazione», dice a Open il professor Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore dell’Istituto Galeazzi di Milano. «Oggi un colpo di coda dell’epidemia ce lo aspettavamo per l’incremento dei contatti e gli aspetti meteorologici. Grazie ai vaccini però oggi siamo protetti. Ma dobbiamo prepararci allo scenario peggiore e sulla base di quello attrezzarci, nella speranza che non ci sia la necessità».

Ovvero? «Di sicuro dobbiamo immaginare restrizioni sulla base della tipologia delle zone. E poi non rimangono altro che la vaccinazione, la ri-vaccinazione e il buonsenso per tutti. Per esempio limitando lo shopping e i mercatini. Si tratta di tamponamenti ma non è facile fare altro in questa fase», conclude Pregliasco. D’altro canto il picco dei contagi è atteso proprio nei dintorni di Natale: il fisico Roberto Battiston ha spiegato nei giorni scorsi che con questo ritmo di crescita si potrebbe arrivare a 20-30 mila contagi alla fine di dicembre. «L’epidemia è come un fiume in piena che in questo momento scorre veloce e copioso. Non riusciamo a ridurne la portata, ma in Italia al momento ci salviamo perché abbiamo buoni argini».

Vaccini e Green pass

Al momento la tutela migliore, per i singoli e per l’intero paese, si chiama vaccino: come ha spiegato il fisico Giorgio Sestili, fondatore della pagina Facebook Coronavirus – Dati e analisi scientifiche, tutti i numeri dell’epidemia in Italia si sono ridotti notevolmente rispetto a un anno fa, quando i casi giornalieri erano più di 35.000: «I ricoverati nei reparti ordinari un anno fa erano 31.600 (di cui 3.000 in terapia intensiva) e oggi sono 3.900 (423 nelle rianimazioni), ossia si sono ridotti di un fattore 10. Sempre un anno fa le persone positive erano 590.000 e oggi 103.000». Non solo perché i vaccini esistono, ovviamente, ma probabilmente perché l’Italia ha scelto fin da subito di rendere il Green pass obbligatorio anche per lavorare, decisione che ha accelerato il ricorso ai vaccini. Su questo punto il nostro paese ha fatto da apripista, oggi alcuni Stati europei si stanno adeguando. E proprio perché la linea adottata ha funzionato, il governo ragiona ora attorno all’ipotesi di fornire la Certificazione Verde Covid-19 soltanto a vaccinati e guariti, escludendo chi ha solo il test del tampone da esibire.

Una stretta che colpirebbe i non vaccinati, la cui alternativa è considerare validi ai fini del certificato soltanto i test molecolari, escludendo gli antigenici che, come ha spiegato oggi il membro del Comitato Tecnico Scientifico Donato Greco al Corriere della Sera, sono meno attendibili. «Sono misure cui bisogna esser preparati», dice a Open il professor Gabriele Costantino, ordinario di Chimica farmaceutica e direttore del dipartimento di Scienze degli alimenti e del farmaco all’università di Parma. «In questo momento le regole sul Green Pass mi sembrano di buon senso. Se dovesse verificarsi una trasmissione tra ‘tamponati’ importante, occorrerà irrigidire le regole, a tutela di chi sta facendo molto sacrifici».

Come evitare il contagio di Natale

Per Costantino la situazione epidemiologica nazionale è ben diversa da quella dell’anno passato, ma questo non vuol dire che non siano possibili, ed anzi probabili, nuove fiammate: «Quello che sappiamo oggi, con un certa sicurezza, è che non è possibile ridurre queste probabilità a cause singole. Non c’è nessun dubbio che la disponibilità dei vaccini ha cambiato radicalmente l’epidemiologia. Ma l’esempio inglese, olandese, danese, per citarne solo alcuni, dimostra che pur in presenza di tassi di vaccinazione elevata, il contagio può ripartire. D’altra parte, dove c’è forte rifiuto per i vaccini (come nell’Europa dell’est), ai contagi si somma un numero di decessi e ospedalizzazioni impressionante. Infine, è pacifico che la nostra struttura sociale non può reggere misure di contenimento pesanti, con chiusura di attività, di scuole, di mobilità. Noi, come Paese, abbiamo in questo momento la possibilità di coniugare un elevato tasso di adesione alla campagna vaccinale con un’adesione ancora buona a misure di contenimento che nulla incidono sulle nostre libertà».

Quindi, secondo il docente, è necessario continuare a comportarsi con prudenza per schivare il contagio a Natale: «Evitare luoghi troppo affollati, indossare quando è possibile una mascherina (anche se non è formalmente richiesto), accettare un minimo di distanziamento fisico può far la differenza. Vero è che il vaccino da solo non garantisce l’assenza di contagio. Vero è che il distanziamento da solo non dà sicurezza, così come è vero che la mascherina non è una difesa assoluta. Ma le tre cose insieme dovrebbero garantirci un inverno di attenzione ma non di privazione. In questo momento, grazie alla responsabilità di moltissimi, in Italia esiste una vita -scolastica, professionale, sportiva, sociale, pressoché normale. Esistono tutti i presupposti per cui, con un minimo di responsabilità, si possa andar avanti così».

Il problema della scuola

Davide Tosi, professore associato dell’università dell’Insubria e autore di studi su scuola e pandemia, dice invece a Open che un errore da non ripetere riguarda proprio le scuole: l’anno scorso abbiamo imparato che gli istituti scolastici sono veicoli di trasmissione del virus e che non tenerne conto a sufficienza può rivelarsi un errore molto grave: «Ci siamo crogiolati sulla convinzione che fossero sicure ma a settembre e ottobre 2020 ci siamo accorti del contrario. Oggi stiamo facendo lo stesso sbaglio, anche se la protezione dei vaccini ci ha aiutato. Quest’anno bisognerebbe stare più attenti ma il nuovo protocollo allenta ancora di più le maglie sulla scuola, nonostante tutte le pubblicazioni scientifiche dicano che le scuole sono booster di contagio. Non bisogna sottovalutare la questione scuola e le regole di responsabilità individuale e collettiva: mascherine, distanziamento, evitare grandi cene e feste anche se si è vaccinati».

Assembramenti e ordine pubblico

Infine c’è il problema degli assembramenti e dell’ordine pubblico. Prima di tutto nelle piazze. Girolamo Lacquaniti, portavoce dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia, spiega a Open che tutto dipenderà dalla capacità delle diverse Regioni di mantenere la colorazione bianca: «Noi dobbiamo avere chiaro che occorre il rispetto delle norme, ma con buonsenso: saremo equilibrati, né morbidi né duri. E questo, come abbiamo visto nelle manifestazioni dell’ultimo week end dopo la circolare Lamorgese, vuol dire che tra chi scende in piazza c’è chi è ragionevole e chi ha tentato di infrangere le norme ed è stato bloccato. La nostra posizione è che noi non siamo per la ‘tolleranza zero’, che evoca scenari pericolosi. Non è da persone intelligenti. Ma questo non vuole dire che faremo finta di non vedere. Ci vuole il rispetto della norme e le forze dell’ordine lo garantiranno, ma senza essere robot».

Ma sarà necessario vigilare sul rispetto delle regole anche nella vita di tutti i giorni. Specialmente a Natale, quando tra shopping e festività gli assembramenti sono all’ordine del giorno. «L’assembramento non può essere prevenuto dalla polizia. Ci vuole l’intervento degli enti locali. Per esempio a Verona hanno cominciato a istituire i sensi unici pedonali. Questo facilita anche l’azione della polizia, perché altrimenti in una via con diversi negozi a chi devo dire ‘distanziatevi’? A chi dico ‘restate a casa’? Servirebbe un poliziotto a ogni incrocio. Alle forze dell’ordine devono essere dati ordini attuabili, ‘ad impossibilia nemo tenetur‘», conclude Lacquaniti: «I Comuni si devono attrezzare, per esempio con i contapersone. Fondamentale è l’organizzazione, altrimenti per noi il lavoro diventa impossibile».

FONTE: di Alessandro D’Amato

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