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Salute

Con Omicron, su i tassi di mortalità degli anziani. Abrignani: “Abbiamo accettato che una parte di loro possa morire di Covid”

Il New York Times segnala che la variante sudafricana ha ucciso in quattro mesi tanti americani over 65, quanto ha fatto Delta in sei mesi. L'immunologo ad Huffpost: "Se fossimo tutti vaccinati ci sarebbe la metà dei morti"

L’ondata di decessi di questo inverno tra le persone anziane ha smentito la relativa mitezza della variante Omicron. Lo scrive il New York Times, in un articolo in cui spiega che dai dati è emerso come la variante Omicron abbia ucciso in quattro mesi tanti americani over 65, quanto ha fatto Delta in sei mesi. Eppure la variante proveniente dal Sudafrica incontrava una popolazione altamente vaccinata. Come si spiega tutto questo? Ne abbiamo parlato con l’immunologo Sergio Abrignani, ex membro del Comitato tecnico scientifico.

“La mortalità assoluta è più alta con Omicron proprio perché ha infettato molte più persone, ma la letalità, ossia la percentuale di soggetti infettati che muore, è più alta con Delta. Delta dà malattia più severa, ma Omicron infetta molto di più”, dice il professor Abrignani, “Il motivo per cui negli Stati Uniti c’è stato più o meno lo stesso numero di morti in quattro mesi di Omicron rispetto a sei mesi di Delta è dovuto innanzitutto al numero di infettati, 7-8 volte maggiori. Pensiamo all’Italia: il picco d’infezione quotidiana con Delta è stato di circa 30mila al giorno, con Omicron siamo arrivati a circa 240mila. È vero che prima facevamo molto meno tamponi, ma il dato da osservare è il tasso di positività, che è stato simile per Delta e per Omicron”.

È vero però anche che nell’ultimo anno numerose persone sono state sottoposte alla vaccinazione anti-Covid. Uno schermo essenziale, ma non definitivo: “Sono stati colpiti anche i vaccinati poiché il vaccino è stato formulato sulla base del ceppo di Wuhan, ora non più in circolazione. A due anni e mezzo di distanza dal primo isolamento del virus in autunno 2019, si sono susseguite numerose altre varianti: ogni volta è peggiorata la capacità degli anticorpi indotti dal vaccino di riconoscere la Spike delle altre e quindi è diminuita la capacità di proteggere dall’infezione. Per questo la percentuale è scemata un po’ con Alfa, molto di più con Delta e tanto con Omicron. È questo il motivo per cui si sta pensando di aggiornare il vaccino sulla base di queste mutazioni, aggiornamento che potrebbe arrivare in autunno”. Non solo: “Gli Usa rispetto a noi hanno un problema: è un paese vaccinato a macchia di leopardo. Questo giustifica le impennate: perché se è vero che i vaccini, al picco della risposta immunitaria indotta con tre dosi, proteggono dall’infezione al 60-65%, è pur sempre un’efficacia importante. Infatti gli USA hanno avuto una percentuale di infezioni e decessi più alta di noi perché sono indietro, rispetto a noi, di circa il 20% con la copertura vaccinale”.

In questa situazione, si prova ancora una volta a inseguire il virus e i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie Usa hanno invitato tutta la popolazione sopra i 50 anni di età, anche se in buona salute, a procedere con la somministrazione della quarta dose di vaccino contro il Covid-19. “La quarta dose è consigliata per la popolazione a rischio di malattia severa, quindi gli over 60: in America si sono rivolti anche agli ultra 50enni”, spiega Abrignani, “In Italia non abbiamo vaccinato ancora molto con la quarta dose, perché non c’è stata una sensibilizzazione sufficiente. La quarta dose, che fatta a pochi mesi dalla terza ha normalmente poco senso vaccinologico, serve a inseguire la fuga del virus aumentando per un breve periodo la risposta immunitaria a breve vita. I vaccini funzionano per tanti anni con tre dosi. Le prime due, a distanza di poche settimane, elevano in maniera importante la risposta immunitaria, che però in poche settimane cala. Per questo serve poi la terza dose a distanza di 5-8 mesi, che prolunghi la risposta memoria. Solitamente un altro richiamo arriva dopo anni. Con la quarta dose, nei fragili cerchiamo di evitare qualche centinaio di decessi al mese da Covid inseguendo una fuga immunologica con una stimolazione frequente della risposta immunitaria “effettrice” cioè quella a breve vita, cosa che non è mai stata fatta con i vaccini perché fino ad ora non avevamo mai inseguito le fughe di un virus durante una pandemia”.

Anche in Italia si continua a morire di Covid, ma le misure restrittive che ci hanno accompagnato negli ultimi due anni sono ormai quasi del tutto scomparse: “Nelle brutte annate di influenza muoiono migliaia di italiani. Se prendiamo i giornali del 2018, troveremo titoli come ‘Terapie intensive al collasso, Italia in ginocchio per i casi di influenza’. Quell’anno ci fu un’influenza molto aggressiva, si stima che si infettarono circa 8 milioni di italiani e in quattro mesi ne sono morti per le complicanze da influenza 8-10mila. Oggi col Covid stiamo accettando di convivere con un virus che fra i vaccinati è letale come l’influenza (circa 1 decesso ogni 1000 infezioni) e che potrebbe continuare ad uccidere da 10 a 20 mila italiani ultra-70enni ogni anno, con la consapevolezza che le alternative (chiusure, restrizioni, limitazione agli assembramenti) sono ormai considerate inaccettabili dalla grande maggioranza di noi. Quindi, anche se ci dà fastidio ripetercelo, stiamo accettando che una frazione piccola ma significativa di anziani possa morire di Covid. È però importante ripetere che almeno la metà dei morti che abbiamo ogni giorno da Covid sarebbe evitata se fossimo tutti vaccinati; infatti circa il 60% dei decessi riguarda ultra-60enni non vaccinati o ipo-vaccinati (che hanno ricevuto solo 1 o 2 dosi) di cui almeno l’80% non morirebbe se fosse vaccinato con tre dosi”.

Nessuno sa cosa avverrà nei prossimi mesi, da due anni stiamo inseguendo il le mutazioni di questo virus. Ma una recrudescenza autunnale è data per scontata, anche se non conosciamo ancora quanto sarà impattante: “Al momento non possiamo avere certezze, ma è probabile che in autunno, tornando a vivere di più al chiuso, le infezioni delle vie aeree aumentino. Ci aspettiamo quindi un aumento dei casi di Covid, ma, visto l’alto numero di persone già infettate con Omicron e l’alta percentuale di vaccinati con tre dosi, se dovesse rimanere Omicron 2 potremmo avere le stesse infezioni e gli stessi decessi registrati a maggio e non dovrebbe accadere quanto avvenuto lo scorso inverno, quando arrivò la variante Omicron e passammo da 15mila casi a 200mila e a 300-400 morti al giorno”.

Fonte
https://www.huffingtonpost
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