Tecnologia

Google Podcast chiude: come trasferire gli abbonamenti e le app alternative

l «cimitero» di Google si arricchisce di un altro progetto: Google Podcast. Ecco cosa ha funzionato, cosa no e come trasferire i propri contenuti su YouTube Music, che prenderà il suo posto di Roberto Cosentino

E così Google dice addio all’ennesimo dei suoi progetti. Google Podcast, annunciato nel 2018, viene ora dismesso, come successo spesso nella più che ventennale storia dell’azienda di Mountain View. I progetti seppelliti dal gigante tech sono moltissimi ed è difficile quantificarli. Alcuni siti Web cercano di star dietro a tutte le produzioni Google che hanno visto su di sé una pietra tombale. Un sito ne conta addirittura 294; una quantità importante e che necessita una suddivisione in categorie. L’ultima vittima ha scoperto quel che sarebbe stato il suo infausto destino, solamente lo scorso settembre.

Poco importa se i download della piattaforma sono stati più di 500 milioni, per un totale di 713.000 recensioni e oltre, con ben 4,3 stelle su 5 sul Play Store. Con l’espansione di YouTube Music, è prevista la cannibalizzazione di Google Podcast. Così è stato annunciato lo scorso settembre, sul blog ufficiale dello stesso YouTube. La dismissione ha avuto inizio negli Stati Uniti. Il termine per gli Usa delle trasmissioni è stato il 31 marzo, con la chiusura definitiva del servizio il 2 aprile. In Italia funziona ancora, tanto che uno degli ultimi episodi di un noto programma è stato caricato il primo aprile. Ma cosa fare e come, se e quando l’app chiuderà i battenti anche nel Belpaese.

Lo scorso dicembre Google ha condiviso le modalità di migrazione dei contenuti da Google Podcast a YouTube Music, piattaforma di streaming su cui Google negli ultimi tempi sta puntando sempre più. Per il momento, lo strumento è disponibile solo per il pubblico statunitense, che dal 2 aprile 2024 non potrà più usufruire delle funzionalità dell’app ufficiale del progetto. Non è ancora chiaro quando gli altri Paesi al di fuori degli Usa dovranno procedere al trasferimento, ma maggiore informazioni saranno condivise da BigG sulla pagina apposita.

Chi vorrà trasferire i propri contenuti da Google Podcast a YouTube Music dovrà seguire questo procedimento, considerando che sarà visibile un tasto sviluppato appositamente per avviare il procedimento. Premendo infatti su “Esporta abbonamenti“, che sarà mostrato in alto allo schermo una volta aperta la rispettiva applicazioni. Sarà poi necessario premere l’opzione “Esporta su YouTube Music” . Infine sarà necessario trasferire il tutto sull’app YouTube Music, aprendo l’applicazione per poi premere su “Trasferisci“.. Dopodiché, per visualizzare i propri abbonamenti, sarà necessario premere su “Continua“, poi “Vai alla libreria” in modo da consultare i propri contenuti. Tuttavia sembra che non tutti i contenuti saranno effettivamente disponibili Tuttavia, si potrà aggiungere il podcast mancante, salvandolo nella raccolta attraverso il feed rss del programma. Per trasferire gli abbonamenti su un’altra app invece, si potrà scaricare un file Opml oppure usare Google Takeout.

Chi (per qualche motivo) vuole continuare a mantenere separata la musica dai podcast, può utilizzare app alternative. Non sono molte in realtà, ma qualcosa di interessante si può trovare. Come ad esempio AntennaPod; l’app è sotto il controllo di volontari, che la mantengono open-source e in grado di ospitare qualsiasi Rss feed. L’app non ha interessi commerciali e mette l’utente al centro. Secondo quanto si apprende dal sito ufficiale, la privacy è assicurata e il controllo di tutto è nelle mani degli utenti. Ultimo ma non ultimo, l’app è priva di pubblicità. Sul blog ufficiale, lo scorso novembre, il team AntennaPod ha anche spiegato come migrare gli abbonamenti di Google Podcast sull’app gratuita.

Un’altra alternativa è Audible, anche se oltre ai podcast, l’app in principio disponeva esclusivamente audiolibri. Ma in questo modo si possono gestire comodamente entrambi i contenuti, senza confonderli con la musica, ad esempio. Un’altra applicazione molto interessante è Pocket Casts. Oltre ad essere disponibile per iOS e Android, è compatibile con Alexa, Android Auto e così via.
Se però mantenere separati podcast e musica non è nelle proprie intenzioni, c’è sempre Spotify.

Il cimitero di Google

Google Podcast chiude: come trasferire gli abbonamenti e le app alternativeicona play

Come detto in precedenza, i servizi che Google ha proposto e poi dismesso, spesso investendo fior fior di quattrini e seducendo e abbandonando milioni di utenti in tutto il mondo, sono molti. Starne dietro è difficile. BigG è un’azienda creativa, ma anche caotica e i progetti che continua ad aprire e non aggiornare, dismettere o chiudere perché scarsamente popolati, sono centinaia. Siti come Google Cemetery e Killed By Google, si divertono a tenere traccia di tutti i fallimenti, esperimenti e prototipi di Google, a cui è seguito un requiem. Catalogati per anno, categoria e tipo, al loro interno le lapidi di servizi, app e progetti da Google+, ad Hangouts, fino a Google Podcast e gli indimenticabili Google Glass. L’elenco di nomi a cui Mountain View ha mostrato il pollice sono spesso clamorosi. Ecco alcuni dei più noti.

Google Hangouts

L'addio definitivo a Google Hangouts, l'app di messaggistica «smantellata» dalla stessa Big Gicona play

 

Google Hangouts era una piattaforma di messaggistica che combinava le funzionalità di messaggi istantanei, videochiamate e Voip. Lanciato nel 2013, Hangouts consentiva agli utenti di comunicare tra loro individualmente o in gruppi. Con il tempo, Google ha introdotto altre piattaforme di comunicazione, come Google Meet e Google Chat, portando alla graduale dismissione di Hangouts. ​Grandi le ambizioni della piattaforma, che avrebbe dovuto competere con iMessage. Ma non è la prima app di messaggistica che Google ha soppresso. Tra queste anche Allo.

Google Stadia

Addio a Stadia, il servizio di cloud gaming di Googleicona play

 

Tra le più recenti (e forse dolorose) dismissioni di Google, anche Google Stadia. Una piattaforma di Cloud Gaming di recente sviluppo, che ha visto la scritta Game Over solo due anni fa. Molti i titoli in catalogo, senza contare gli accessori prodotti per aggraziarsi i gamer più accaniti. Oltre alle partnership con brand che producono smartphone votati al gaming.

Google Labs

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Chi si ricorda di Google Labs? Un altro incredibile lavoro di Big G, noto per aver partorito servizi come Google Trends, Maps, Docs… La piattaforma che veniva utilizzata per testare e mostrare prototipi, esperimenti e progetti in fase di sviluppo. Serviva come area di incubazione per nuove idee, alcune delle quali sono diventate prodotti a pieno titolo, mentre altre sono state abbandonate. Google Labs ha ospitato sperimentazioni in vari campi, dalla ricerca web alla mappatura e oltre. Il progetto è stato chiuso nel 2011 come parte di un’iniziativa più ampia di Google per concentrarsi su prodotti meno numerosi ma di maggiore impatto. Ma a giudicare dal sovraffollato cimitero di Google, non è andata come da aspettative. Tuttavia, cercando Google Labs, è ora attiva un’altra piattaforma in cui si sperimenta nel campo dell’Intelligenza Artificiale.

Google Glass

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Larry Page con i Google Glass

Forse il fallimento più grande di Google. Molti i soldi investiti nel progetto che avevano fatto venire l’acquolina in bocca agli amanti della tecnologia degli scorsi decenni. Con i Google Glass, l’azienda di Mountain View aveva provato ad immaginare un po’ di futuro e trasmetterlo a milioni di persone. Quando gli indossabili non avevano ancora schermi e connettività Bluetooth, i video del prototipo di Google aveva fatto in breve tempo il giro del mondo. Sono stati pochi i fortunati a provarlo in anteprima e ad acquistarlo. Ma poi ne è stato disposto il ritiro. Pochi altri dispositivi in futuro avranno il successo (perlomeno mediatico) dei Google Glass, perché indossabili simili sono perlopiù presentati e destinati a scopi aziendali e venduti a prezzi proibitivi. Ci si avvicina però gli Apple Vision Pro, anche se sono completamente diversi dai Glass, benché alcune esperienze suggerite sono simili.

Google+

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Google+ è stato un altro servizio di Google che ha fatto rumore, sia quando è stato lanciato sul mercato sia quando ne è stato ritirato. Avrebbe dovuto competere con Facebook e Twitter, ma alla fine è stato solo uno dei tanti e confusi progetti presto nascosti come polvere sotto al tappeto. Da un utilizzo confuso e troppo affezionato alle proprie foto (a dispetto della privacy…) fino ad un aspetto che non ha mai fatto presa sugli utenti. Lanciato nel 2011, arrivava dopo non troppo tempo rispetto a Facebook Twitter, ma era comunque troppo tardi. Venne dismesso definitivamente solo otto anni dopo, ma l’utilizzo era già circoscritto a una cerchia stretta di persone. Ma la goccia che fece crollare il già fragile vaso non è stata (solo) la scarsa popolazione di una città già fantasma, ma la perdita di dati di oltre 500.000 utenti.

FONTE Roberto Cosentino CORRIERE.IT

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